Nell'era del neocapitalismo è possibile un uso cristiano dei soldi?
Ne hanno discusso teologi ed economisti in un convegno presso il monastero di Vallechiara qualche anno fa. Padre Salvini: il denaro non va demonizzato, ma impone cautela. Infantino: è uno strumento di libertà. Galli: in passato più attenti alla distribuzione che alla produzione della ricchezza. I cristiani e il denaro. Un decalogo per il nuovo secolo. Per risolvere un'ambivalenza che accompagna il cristianesimo fin dalle origini. Il denaro "sterco del diavolo". Il successo economico segno della benedizione divina. Come la mettiamo? Gesù chiede al giovane ricco di vendere tutto e seguirlo. Lo stesso Gesù che insegna a non sotterrare i "talenti", ma a "investirli".Che proclama: beati i poveri. E che viene tradito per trenta denari. I tempi cambiano. Globalizzazione, neocapitalismo, debito estero, "finanziarizzazione" dell'economia planetaria. Ma ci sono ancora uomini che si comprano e si vendono. Produzione e speculazione.Lavoro e profitto. Borsa e finanza, new economy e net economy.Ce n'è abbastanza per far girare la testa al più volonteroso dei credenti. E per arrivare alla conclusione che troppe cose passano sopra di noi, fuori dal nostro controllo, dal nostro potere. Dalla nostra responsabilità. Ma c'è chi non si arrende. Chi rilancia l'I care. Il denaro è mio e lo gestisco io. Come la Banca etica e la famiglia monastica benedettina che organizzano il convegno ospitato oggi al monastero di Vallechiara, a Lanuvio (Roma), "Denaro e fede cristiana: testimonianza ed impegno dei cristiani per un uso responsabile del denaro". Tra i relatori il vescovo di Locri-Gerace, Giancarlo Maria Bregantini, il fondatore del Gruppo Abele, don Luigi Ciotti, il gesuita padre Gianpaolo Salvini, direttore di Civiltà Cattolica, Daniele Garrone, della Facoltà teologica valdese di Roma. Ecco il punto: l'uso responsabile del denaro. "È un mezzo, non un fine. Non va demonizzato, ma impone cautela. Se non lo accostiamo in atteggiamento di conversione, ci porta dove vuole lui, fino a confidare più nel denaro che in Dio", sostiene Gianpaolo Salvini. Così sul piano personale. Ma sul piano "macro"? Le dimensioni e la complessità dell'economia contemporanea spesso allontanano il singolo da un'assunzione di responsabilità verso gli altri. "È vero, ci sono temi economici - come la globalizzazione - che la gente sente distanti. Il tema del debito estero invece sembra appassionare di più. Lo constato girando l'Italia a tenere incontri pubblici a sostegno della campagna della Conferenza episcopale italiana per la remissione del debito dei Paesi poveri - testimonia il gesuita -. Forse perché la realtà del debito è vicina alla nostra quotidianità, fatta di obbligazioni, mutui per la casa e così via. Al livello micro come al macroeconomico, il debito può essere uno strumento positivo.Come insegna l'esperienza della Grameen Bank fondata dall'economista pakistano Mohammed Yunus, che non regala soldi ai poveri ma presta piccole somme a sostegno dell'iniziativa economica". Dunque: non chiamarsi fuori dal "gioco". Ma cercare nuovi modi per giocarlo. "E qui i cattolici devono fare di più", è l'opinione di Giancarlo Galli, giornalista economico e scrittore (fatica recente e fortunata, il libro La fabbrica dei soldi, Mondadori, alla sesta edizione). "Fin dai tempi della Rerum novarum, siamo sollecitati a cercare vie terze rispetto al socialismo e al liberismo. Ma ci vuole più impegno. Nelle università, sul piano intellettuale, della ricerca, della teoria e della sperimentazione. A denunciare le storture, siamo bravi. A parole siamo bravi. Ma quando un cattolico assume ruoli importanti, poi si comporta come gli altri".Il problema? "Nella tradizione c'è più attenzione al tema della distribuzione che a quello della produzione della ricchezza". E rispetto al denaro? "Dobbiamo finalmente deciderci se considerarlo una cosa diabolica o una "benedizione"". E Giancarlo Galli che rapporto ha con il denaro? "Io non ho portafogli. I soldi li tengo in tasca. Sono da spendere, non da accumulare. Il risparmio? Non è una virtù, è l'anticamera della grettezza. Un mio amico musulmano, marabutto marocchino, diceva: le bare non hanno tasche. Il denaro non va idolatrato, va speso. Così si crea ricchezza. Qui Keynes è ancora valido". E nel decalogo per il nuovo secolo, cosa ci mettiamo? "Innanzitutto l'attenzione alla qualità e alla tipologia del profitto". Il convegno di Vallechiara ha un'introduzione evangelica.Innocenzo Gargano, monaco camaldolese, commenterà la pagina delle Beatitudini. Poi, nel pomeriggio, la parabola del buon samaritano. "Luca dice: beati i poveri. È un initium pregnans.Come a dire: non è possibile vivere le altre beatitudini se si ignora la prima - spiega padre Gargano -. Matteo ci dice di più: è possibile essere "poveri di Dio" nonostante il possesso del denaro.L'importante è che non sia il denaro a possedere noi". Allora: beati anche i ricchi? "I soldi devono essere usati per servire i poveri e mettersi in relazione con loro, ma denaro e capitalismo non vanno demonizzati. La strada maestra resta Gesù: solo il seme che muore dà frutto. Una lezione che può essere trasportata nei comportamenti economici, là dove l'investimento produce frutto, e il denaro viene impiegato con intelligenza e lungimiranza". "Il denaro? Intanto è il segno della mutua dipendenza tra gli uomini, della loro indigenza e della necessità della cooperazione.Poi è uno strumento di libertà - afferma Lorenzo Infantino, professore di filosofia delle scienze sociali alla Luiss di Roma -. Il denaro è uno strumento. E un indice della nostra capacità di servire gli altri. Georg Simmel, nella Filosofia del denaro, ci mostra come esso si inserisce nella trama sociale". Il limite? "Si esce dall'etica cristiana - e da quella civile - quando il denaro è il frutto dell'avventura, della pirateria, della prebenda". Per Infantino non abbiamo bisogno di altri "decaloghi". "Come cristiani abbiamo già il criterio: il denaro come risultato di un servizio agli altri". E per l'industriale Francesco Merloni, presidente dell'Unione cristiana imprenditori e dirigenti? "Investire denaro per avere un rendimento è giusto. Ma bisogna stare attenti che la speculazione non danneggi gli altri e che non nasconda lo sfruttamento". Ma ciò richiede un grado maggiore di democrazia economica, di trasparenza dei processi produttivi e dei fenomeni finanziari. "Sì, ci vogliono più trasparenza e più informazione. In Italia abbiamo fatto passi avanti, in borsa non c'è più il "parco buoi" di un tempo.Ma abbiamo ancora molta strada da fare rispetto ai sistemi anglosassoni". La globalizzazione? La finanza internazionale? "Realtà positive. Ma hanno bisogno di regole, concertate fra i governi, la società civile, le imprese e le banche. Solo così - ad esempio - potremo introdurre soluzioni come la Tobin tax sulle transazioni internazionali, che oggi sfuggono a qualsiasi imposizione. E su questi temi i cattolici possono dare un contributo importante".
Nessun commento:
Posta un commento