06/09/07

Georg Simmel

Georg Simmel nasce a Berlino il 1° marzo 1858, in una famiglia ebrea convertita al cristianesimo e muore a Strasburgo il 28 settembre 1918. Nel 1881 consegue la laurea presso l'università di Berlino e nel 1885 ottiene la cattedra. Le sue prime opere riguardano la filosofia della storia e la sociologia. Ricordiamo tra le più importanti: "Sulla differenziazione sociale" (1890); "I problemi della filosofia della storia" (1892); "Il problema della sociologia" (1894); "Filosofia del denaro" (1900); "La metropoli e la vita dello spirito". Tra il 1900 e il 1914 compone altre opere, portando avanti la sua ricerca sociologica e alcuni saggi sul relativismo. Nel 1914 diventa professore ordinario all'Università di Strasburgo e, proprio durante la guerra, scrive le sue ultime opere, riguardanti esclusivamente la filosofia della vita: "Il conflitto della cultura moderna"; "Sulla filosofia della religione" (1912); "L'intuizione della vita. Quattro capitoli metafisici" (1918). L'influsso di Simmel, che ha avuto tra i frequentatori delle sue lezioni berlinesi E. Bloch, G. Lukàcs, M.Buber, R. Pannwitz, è stato notevole sia sul pensiero filosofico, sia su quello sociologico (anche americano). L'esistenzialismo, poi, ha ripreso alcuni dei temi da lui affrontati; si pensi in particolare all'originale trattazione del problema della morte e del tempo. La prima fase del suo pensiero è caratterizzata dal tentativo di inserire la tradizione kantiana nel positivismo evoluzionistico di Fechner, Spencer e Darwin ("Sulla differenziazione sociale", 1890; "I problemi della filosofia della storia", 1892; "Introduzione alla scienza morale", 1892-93; "Filosofia del denaro", 1900). Con la crisi del positivismo, Simmel si avvicina al neokantismo e alla filosofia dei valori di Windelband e Rickert, nonché alla fenomenologia di Husserl. Questa fase, pur muovendo dal riconoscimento di forme e valori ideali che sovrastano l'accidentalità empirica del mondo fenomenico, presenta una prevalente tendenza relativistica ("Kant. Sedici lezioni", 1904; "Kant e Goethe", 1906; "La religione", 1906; "Schopenhauer e Nietzsche", 1907; "Sociologia. Ricerca sulle forme di associazione", 1908; "Problemi fondamentali della filosofia", 1910; "Cultura filosofica", 1911; "Goethe", 1913, "Rembrandt", 1916). Nell'ultima fase della sua opera, in cui si accentuano le tendenze mistiche , Simmel sviluppa una concezione vitalistica , una vera e propria filosofia della vita intesa come accettazione rassegnata dell'eterno conflitto tra soggetto e oggetto. Unico rimedio è il mondo dell' arte , ancora caratterizzato dalla libertà. La vita si manifesta come contrasto tra lo spirito e le sue stesse forme. Lo spirito vitale deve continuamente travalicare la non-vita di ciò che è semplice esistenza e deve nel contempo trascendere l'irrigidirsi delle forme spirituali medesime, in quanto destinate a cadere nella non-verità. Questo contrasto non può mai metter capo a una verità definitiva e assoluta. Anche la filosofia non può che essere espressione di "tipi o forme molteplici della spiritualità umana" (per esempio la concezione del mondo di Schopenhauer e, nello stesso tempo, il suo opposto specifico proposto da Nietzsche). In ognuno di questi tipi, la vita pulsa per un attimo, per poi passar oltre: la metafisica della vita non può trovare espressioni adeguate e definitive della sua verità. Il contrasto tra la vita e le forme è infatti l'elemento necessario in cui vive la vita stessa. Esso si esprime in vari modi: nella morte, dove la vita non conosce soltanto la propria cessazione, ma anche il suo limite immanente, in un'anticipazione che presuppone un'esperienza del tempo diversa da quella della successione irreversibile degli attimi ; la morte diventa così capacità di individuazione, giacché "solo ciò che è unico e irripetibile può propriamente morire". Un'altra espressione del contrasto è il dovere morale, sentito come autonoma capacità normativa. Il contrasto, infine, costituisce ciò che Simmel chiama la tragedia della cultura , cioè la tendenza sempre perdente delle forme culturali a conservarsi contro la vita che le ha prima incorporate e poi superate. Nel mondo contemporaneo la resistenza delle forme si riduce progressivamente: la vita manifesta un'avversione definitiva per la forma in quanto tale; a ciò corrisponde allora una tragedia sociale : l'individuo rifiuta sempre più di sottomettersi passivamente alle forme e istituzioni sociali. Da qui una permanente conflittualità che si pone alla base del processo stesso di socializzazione.